Dalla presentazione di Ecosistema Urbano 2023: un estratto dell’intervento dell’AD di Ambiente Italia Mario Zambrini
Ecosistema Urbano viene sviluppato nell’ambito della collaborazione fra Legambiente e Ambiente Italia che già dal 1989 si era concretizzata nella pubblicazione di un rapporto annuale sullo stato dell’ambiente in Italia.
Fra fine anni ’90 e primi anni 2000, Ambiente Italia aveva maturato una consistente esperienza nella impostazione di rapporti e relazioni sullo stato dell’ambiente, contribuendo alla redazione di rapporti per molte città e province italiane, affiancandole poi nella impostazione e nella redazione di strumenti partecipati per la pianificazione dello sviluppo urbano secondo criteri di sostenibilità (le Agende XXI locali).
La consapevolezza del ruolo centrale che le città andavano assumendo – anche a livello globale – nell’orientare le tendenze dei principali parametri rilevanti ai fini degli obiettivi di sostenibilità dello sviluppo e di qualità dell’ambiente, ci convinse dell’opportunità di costruire uno strumento di analisi e valutazione dell’ambiente urbano che consentisse di valutare sinteticamente e comparativamente le performance delle nostre città. Un sistema di reporting aggiornato su base annuale, strutturato in un articolato set di indicatori di stato, pressione e risposta, coerentemente con il modello proposto dall’OCSE a partire dai primi anni ’90.
Nasceva così Ecosistema Urbano: un progetto pionieristico, perché nessuno strumento analogo era allora disponibile, né ad opera di enti istituzionali (l’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente nasceva lo stesso anno di Ecosistema, le Agenzie regionali sarebbero venute diversi anni dopo) né di altri soggetti pubblici o privati.
[…]
In questi trent’anni, quello della sostenibilità è diventato una sorta di mantra, oggetto di convegni, studi, cattedre universitarie, ministeri e assessorati, sistemi di valutazione e rating. Ciò che, trent’anni fa, risultava pionieristico, è diventato oggi mainstream, e quegli obiettivi di qualità dell’ambiente e di sostenibilità dello sviluppo urbano che Ecosistema si proponeva di promuovere dovrebbero ormai essere alla base del governo del territorio urbano.
Il condizionale è, come di dice, d’obbligo. Perché l’enorme fortuna mediatica del concetto di sostenibilità ne consente la declinazione nelle più disparate e a volte contraddittorie forme. Questi ultimi anni, segnati da pandemia, guerre, crisi economica, hanno dimostrato quanto aleatorie possano essere le determinazioni solennemente assunte, anche ai livelli più alti (l’accordo di Parigi è un buon esempio).
Nondimeno, sul piano comunicativo quello della sostenibilità è, come dicevo prima, un principio universalmente accettato, all’insegna del quale vanno affermandosi altre più o meno suggestive parole d’ordine: dall’ambivalente “marketing urbano” alla “rigenerazione urbana”, concetto evocativo di “buone pratiche di recupero e risparmio di territorio” che rischia però, nell’uso generalizzato, di limitarsi alla funzione di rassicurante etichetta buona per nobilitare qualunque operazione immobiliare. Il rischio greenwashing è sempre dietro l’angolo…
[…]
In ogni caso l’ambiente delle nostre città oggi è oggetto di ben maggiori attenzioni rispetto a quanto non fosse trent’anni fa, e di questo, una piccola parte di merito penso possa essere riconosciuta a Ecosistema Urbano.
A trent’anni di distanza dalla prima edizione, diversi indicatori sia di stato, che di pressione che, ancora, di risposta, presentano evidenti tendenze al miglioramento (si veda il capitolo di confronto con i dati delle prime edizioni pubblicato nel rapporto presentato oggi), altri indicatori non sono più utilizzati e sono stati sostituiti da nuove metriche. È sicuramente aumentata la consapevolezza delle amministrazioni, e con essa la voglia di implementare politiche coerenti (il rapporto 2023 ne racconta diverse); per contro, in questi trent’anni le risorse a disposizione di quelle politiche sono andate via via contraendosi, e la capacità di spesa delle amministrazioni locali è ormai spesso insufficiente a garantire adeguati livelli di servizio in diversi campi.
Le politiche urbanistiche e territoriali devono allora scendere a patti con gli interessi privati e con la proprietà fondiaria; e in un paese che in oltre sessant’anni di vita repubblicana non è stato in grado di darsi una credibile normativa sul regime dei suoli, il confronto è quanto meno impari. Nuovi driver si affacciano sulla scena delle politiche urbane; nuovi attori e nuovi segmenti di domanda assumono centralità e orientano le scelte di sviluppo (o di rigenerazione) secondo logiche non necessariamente ispirate a sostenibilità (anche se sempre presentate come tali).
In conclusione, credo che altre dinamiche andranno monitorate, e altre domande dovranno trovare risposta nelle prossime edizioni di Ecosistema Urbano (nelle prossime trenta, almeno). Dovremo continuare a monitorare le condizioni ambientali delle nostre città, ma sarà anche necessario interrogarsi su chi – di quelle condizioni – potrà e dovrà beneficiare.